Vino, donne, storie: Emanuela Gianfreda
Di Adele Galetta
Non ha ancora 30 anni Emanuela Gianfreda ma le idee chiare sì: il sogno/obiettivo è quello di raggiungere le 300 mila bottiglie di produzione della sua Azienda Vitivinicola, Jorche a Torricella, nel tarantino. Dopo la Laurea in Enologia, la più grande gioia della sua vita, e Viticoltura e un Master in “Vini italiani e mercati mondiali”, Emanuela da qualche anno porta avanti con creatività ed entusiasmo, insieme alla sorella Dalila, l’Azienda di Famiglia: una storia iniziata con Giovanni, passata da nonno Antonio e proseguita con papà Antonio, la persona che più ha contato nella sua vita. Una realtà consolidata, alla sua quinta generazione, ma Emanuela sa benissimo che solo con costanza e lavoro potrà arrivare al suo obiettivo e quello sarà, per lei, un altro giorno molto gioioso.
Emanuela, come nasce l’amore per il vino?
Dal vedere mio padre così soddisfatto del suo lavoro. Quando ero ragazzina un giorno ho pensato: non so niente di vino ma se a lui piace così tanto, deve essere un bel lavoro e quindi ho deciso di studiare enologia e mi sono appassionata sempre di più.
Quale è il ricordo o l’aneddoto più bello legato alla Famiglia?
I ricordi più belli sono legati al periodo della vendemmia quando ero piccola. Mi alzavo presto perchè con i miei nonni volevo andare a raccogliere l’uva, il pomeriggio giocavo in cantina con mia sorella inebriata dall’odore di mosto in fermentazione che ancora adesso mi emoziona e ogni volta che arrivava un apecar o un carretto a scaricare, correvamo vicino alla coclea e rimanevamo tutte le volte incantate da come l’uva scivolasse giù a tutta velocità, non ci perdevamo uno scarico per nessuna ragione.
Il suo miglior pregio è la dinamicità, intesa come voglia di fare sempre cose nuove perché proprio Emanuela non vuole annoiarsi. Ama tutta la musica ma la sua migliore canzone è “Una ragione di più” di Ornella Vanoni. Il suo piatto preferito sono i ricci di mare crudi, rigorosamente pescati da lei, il libro che ha letto molto volentieri è stato “La solitudine dei numeri primi” ed il miglior film di sempre è Wild, una ragazza con uno zaino in spalla che attraversa gli USA, “un viaggio intenso nella natura più selvaggia che l’aiuta a ritrovare se stessa e a cambiare completamente la sua vita”.
C’è qualcosa che non rifaresti?
In realtà nulla. Mi piace pensare che qualsiasi cosa io abbia scelto di fare l’ho scelta perchè in quel momento la ritenevo giusta o avevo voglia di farla quindi non può essere stata sbagliata. Ed in ogni caso anche gli errori e le cose sbagliate ci lasciano qualcosa e fanno parte di noi e delle persone che siamo.
E cosa, invece, rifaresti?
Il mio periodo di lavoro in Australia, in assoluto l’esperienza più bella della mia vita.
C’è qualcosa che ti ha deluso?
Credo di no e se è accaduto devo averla superata perchè al momento non me ne viene in mente nessuna.
Che vino vorresti essere?
Un vino rosso strutturato ma morbido.
Cosa significa far parte di una squadra come quella delle “Donne del Vino”?
Condividere con altre donne la propria esperienza professionale fatta di tante soddisfazioni ma anche di alcune problematiche. In Italia, e in un settore come il nostro ancora molto maschile e tradizionalista, una donna deve fare più sforzi di un uomo per affermarsi ed è ancora più difficile se si è giovani come lo siamo io e mia sorella che gestiamo la nostra Azienda di Famiglia. E poi le donne hanno una marcia in più e unendo insieme le nostre forze riusciamo a fare davvero tanto.
Come racconteresti il vino?
C’è chi nel vino vede solo una bevanda e chi riesce ad andare oltre e a scoprire un mondo dietro un bicchiere di vino. Non ho mai conosciuto nessuno che si sia approcciato a questo mondo e che abbia poi rinunciato a volerne sapere di più perchè il vino è natura, lavoro, passione, scienza, tecnologia, cultura, piacere sensoriale, convivialità e tanto tanto altro.
Il vino è donna?
Quello che le donne hanno in comune con il vino è l’eleganza, la raffinatezza e la capacità di rimanere nella memoria di qualcuno anche per sempre.