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Domenico Ragno, ex Commissario Straordinario Arif: “Contro la Xylella serve una strategia d’attacco”

  • 09/10/2020
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La Xylella fastidiosa è tornata nell’agro di Monopoli. Un nuovo focolaio (una sessantina gli ulivi risultati infetti) si è manifestato in quella che risultava zona indenne. In presenza di nuove disposizioni comunitarie, e alla luce degli esiti dei più recenti monitoraggi, facciamo il punto della situazione con un esperto, Domenico Ragno, già Commissario straordinario e Direttore generale dell’Arif.

– Dottor Ragno, come interpretare la recente scoperta?

C’è poco da interpretare, è la logica conseguenza dell’impostazione data al contrasto al batterio. E’ seccante avere il ruolo di grillo parlante, ma in tempi non sospetti avevo già espresso il timore che focolai fino a non molto tempo fa asintomatici potessero di colpo manifestare i sintomi della malattia, come successo anche a Locorotondo e in altri posti meno “caldi”. Spero che, soprattutto nella prossima stagione vegetativa,  non ci si debba abituare a episodi del genere in altri Comuni delle province di Bari e Taranto. Fino a quando non si andrà a  ” cercare ” il batterio invece che limitarsi a registrare le piante malate, l’espansione dell’infezione non potrà essere fermata. E’ esattamente come con il covid -19: all’inizio si facevano i tamponi solo ai soggetti con sintomi, oggi sappiamo che la gran parte  delle persone infettate sono asintomatiche ; per cui da un lato si ha coscienza  che l’epidemia è più vasta , dall’altro si hanno più possibilità per un intervento precoce.

–   Quali timori gravano sulla Piana degli Ulivi monumentali?

La situazione più preoccupante è quella della parte sud della Piana compresa nella zona infetta ( nei comuni di Carovigno e Ostuni soprattutto), dove si trovano molti olivi attaccati dalla Xylella e l’infezione è ormai presente da anni. Se teniamo conto dell’esperienza e dei tempi dell’espansione della Xylella a sud di Brindisi, è possibile che in questi Comuni possa verificarsi nell’arco di 2-3 anni una diffusa manifestazione della malattia, con pesanti danni  per l’ambiente e l’economia , non solo agricola , della zona. Probabilmente la migliore gestione agronomica degli oliveti  rispetto a quelli della provincia di Lecce potrà  ritardare per un po’ questo fenomeno. Ma se c’è qualcosa da fare occorre farlo adesso, prima che i danni diventino irreversibili. Cominciando dal riconoscere agli agricoltori che mantengono nell’interesse collettivo piante spesso poco produttive un sostegno economico che oggi non hanno.

– L’attività di contrasto: quali sono le carenze?

Della principale, cioè la rincorsa al batterio invece della sua ricerca, si è detto in precedenza che occorre cambiare l’impostazione del monitoraggio. Come pure l’efficienza: l’aver continuato, per esempio,  ad utilizzare il test ELISA –  inaffidabile e non più ritenuto valido dalla Commissione europea –   sino a tutto Settembre   nonostante la cosa fosse risaputa da tantissimo tempo, non è certo un buon segnale (pare che l’ARIF abbia dovuto addirittura rallentare il monitoraggio per dare il tempo ad alcuni laboratori di adeguarsi alle nuove tipologie di analisi). Così come è riduttivo ricorrere ai Sindaci solo per l’individuazione dei proprietari dei terreni degli olivi da abbattere, quando le comunità locali andrebbero coinvolte in maniera organica nelle azioni di contrasto al batterio. Per non parlare del contrasto al vettore, cosa assolutamente sottovalutata. Insomma, a mio parere la  lotta all’avanzata del batterio andrebbe ripensata. Nella partita contro la Xylella che sale, la Regione Puglia si sta comportando come una squadra di calcio che da anni gioca la stessa partita contro lo stesso avversario utilizzando gli stessi schemi di gioco, perdendo regolarmente. Un buon presidente che tenga alla propria società a un certo punto dovrebbe accorgersi che sarebbe opportuno cambiare schemi e gioco.

– Dopo le nuove misure decise dall’Unione Europea, che cosa si può e si deve fare per una decisa azione antiXylella?

Il nuovo Regolamento non apporta novità di rilievo rispetto alla normativa precedente, eccetto la possibilità di utilizzare nei reimpianti nelle zone infette anche varietà diverse da quelle considerate resistenti. E la Regione, come in passato, può articolare e proporre alla Commissione tutte le iniziative che ritiene valide, anche andando oltre le prescrizioni minime, purchè nell’ambito degli orientamenti vigenti.  Pensando in positivo, è il momento per la Regione di passare alla redazione di un complessivo piano organico di gestione  del dossier Xylella, che metta insieme sia  le misure necessarie per realizzare un rigoroso ed efficiente contrasto all’espandersi dell’infezione in determinate aree che quelle finalizzate alla convivenza con il batterio in altre. Dopo sette  anni di devastazioni causate dalla Xylella  e  rivelatasi poco praticabile la via dell’innesto degli alberi  malati,  non è più possibile prevedere  nelle zone infette solo  interventi legati alla morte delle piante ( indennizzi, svellimento con reimpianto, ecc.  ), ma occorre anche proporre azioni che mantengano in  vita l’ esistente e la sua biodiversità. Questo significa superare una politica tesa essenzialmente  alla tutela della produzione per affiancarle una in cui la cura dell’oliveto, inteso come unità colturale che svolge un insieme di funzioni sul territorio ( produzione compresa ) ,  possa diventare un’opzione praticabile, qualora ve ne siano le condizioni. Le due pratiche non sono assolutamente in contrasto tra loro, anzi sono complementari , e se articolate adeguatamente  nei vari territori ( Taranto, Brindisi e Lecce ) secondo le diverse necessità  fornirebbero alla Regione uno strumento di intervento molto più efficace e articolato  rispetto a quelli attuali, cristallizzati e legati esclusivamente alla sostituzione delle piante malate. Penso che tale soluzione non dispiacerebbe agli agricoltori e troverebbe d’accordo anche la Commissione europea.  Si tratterebbe, in definitiva, di uscire una volta per tutte dall’emergenza ( cambiamo per favore il nome del sito della Regione ) e realizzare una radicale trasformazione dell’attuale pratica, passando ad un’azione molto più dinamica sul territorio e coinvolgendo anche le comunità locali.  

 – Come considerare che non vi e’ al momento la cura per la Xylella? Secondo molti tecnici e ricercatori la moria degli olivi in Salento ne è la dimostrazione

 Premesso che in Salento l’infezione da Xylella si è sovrapposta a malattie preesistenti il suo arrivo,  l’affermazione che ( piante resistenti a parte ) la morte degli olivi costituisce la prova che non esiste cura per la xylella è errata. Infatti, ciò presupporrebbe – e non è così – che su di essi siano state sperimentate  altrove in passato o in questi anni in Puglia cure  che non hanno dato esito positivo. Alla luce di quanto realmente accaduto si potrebbe invece affermare , semmai, che gli olivi affetti da xylella  generalmente muoiono  in assenza di cure, cosa alquanto diversa .E’ comunque un dato di fatto che quello pugliese costituisca il primo caso  al mondo di massiccio attacco all’olivo da parte di Xylella varietà  “pauca” e le conoscenze a proposito sono ancora scarse rispetto alle necessità. Per cui  la sperimentazione di cure tese a mantenere in vita e in produzione le piante mitigando i danni della malattia  non mi sembra possa costituire un tabù, in attesa di un eventuale rimedio definitivo. Del resto anche per l’attuale coronavirus, virus sconosciuto, non si è rimasti  in attesa del vaccino risolutivo contro la malattia, ma si è proceduto alla sperimentazione di farmaci che stanno dando  in alcuni casi risultati positivi, salvando molte vite. Per quanto detto in precedenza, perciò, l’affiancare alla sperimentazione in corso per l’individuazione di varietà di olivo resistenti al batterio un filone di ricerca finalizzato a trovare cure che siano un grado di garantire la sopravvivenza delle piante presenti – conservando anche la biodiversità e il paesaggio esistenti – non farebbe che ampliare le possibilità di intervento della Regione nelle sue politiche agricole e di tutela del territorio. Alcune sperimentazioni di cura in atto,tra l’altro, stanno già fornendo risultati positivi

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