di Pinuccio Pomo
Qualche tempo fa pubblicai, un breve articolo sul “trenocelle”, gelato da passeggio tutto andriese e del quale, pur individuandone pressappoco l’epoca, confessai di non conoscere il nome del gelatiere che ne ebbe l’idea e per la prima volta lo propose ai nostri concittadini.
Il Trenocelle
Il paragone mi parve quasi scontato con il celeberrimo Bacio Perugina – la cui genesi è conosciutissima – che Luisa Spagnoli, brillante e creativa imprenditrice, battezzò inizialmente con l’antonimo cazzotto, anticipazione di quasi mezzo secolo del brano sessantottino “una carezza in un pugno”, evergreen dal successo intramontabile del Supermolleggiato.
Allora, su quell’articolo, parlai dell’ultimo scorcio degli anni ’50 o dei primi anni degli anni ’60 del secolo scorso. Faccio ammenda, l’invenzione del trenocelle va anticipata. Non è la prima volta che prendo abbagli sulla storia. È la mia abitudine a fantasticare e a considerare gli accadimenti come accessori, a volte anche superflui, delle illusioni della mente.
Un recente incontro con alcuni protagonisti dell’avventura straordinaria che impegnò un’intera generazione nella ricostruzione postbellica del secondo conflitto mondiale, ha fatto piazza pulita delle mie supposizioni suffragate dal nulla cosmico. Si tratta di testimoni preziosi, ultimi cantori di un tempo di duro lavoro, spesso neppure gratificato economicamente, compensato moralmente soltanto dalla consapevolezza di contribuire ad affermare una stagione di benessere. Di lì a poco sarebbe esplosa la felicità spensierata del boom economico. Si passò dal pianto al riso nel breve volgere di pochi anni.
Ebbene ho avuto l’onore e il piacere di incrociare sul cammino del tramonto, il mio, Peppino Miani e Francesco Marinacci i quali, insieme alla indiscutibile professionalità e alla passione per un mestiere assai faticoso, conservano una memoria prodigiosa e hanno, per di più, il gusto del racconto. In verità le sollecitazioni mi sono venute da Peppino Paparusso, valente pasticcere al quale mi lega il ricordo dei marron glacé che offrivo alla mia giovane fidanzata – adesso consorte e madre di due giovanotti – nei vespri brumosi dell’autunno inoltrato.
Dunque, nel trascolorare di una sera di giugno, Paparusso mi invitò a confrontarmi con i Grandi Vecchi della storia pasticcera di Andria, i quali mi avrebbero confortato con la certezza dei fatti. Accettai protestando la mia assoluta inadeguatezza in una situazione nella quale non potevo apportare alcun contributo.
Ma tant’è eccomi coinvolto mio malgrado.
- Quando fu creato il trenocelle? – chiedo di primo acchito.
- Nel marzo del 1950. – risponde sicuro Miani.
- Nient’affatto. Il trenocelle fu per la prima volta preparato nel 1954! – riprende Marinacci.
Piazza Porta la Barra
Superfluo dire che tra tanto senno non mi sono permesso di intrufolarmi. La controversia tra i due in serata non fu risolta. La formula compromissoria fu che il trenocelle apparve nei primi anni ’50, anno più anno meno, in aperta concorrenza con le agguerrite ma abbastanza sterili offensive degli stecchi e dei coni industriali proposti da Motta e Alemagna che, in realtà, non fecero granché breccia tra gli Andriesi.
- Chi fu il primo a proporlo? – azzardo nella speranza di non accendere una nuova diatriba tra i due storici big.
- Senz’altro Giuseppe Di Molfetta che aveva il Caffè in Piazza Porta la Barra. In genere se ne lavoravano pochi pezzi il venerdì per venderli nel fine settimana. – È sorprendente la perentorietà delle asserzioni di Miani.
Ma Marinacci subito replica.
- Credo fu Riccardo Di Gioia, in Piazza Imbriani, a produrlo per primo.
Anche questa volta si è preferito adottare una teoria ampiamente accreditata: la convergenza delle culture. Insomma, il trenocelle era nell’aria, prima o poi doveva succedere che qualcuno lo realizzasse. Il caso ha voluto che, quasi contemporaneamente, in due si appropriassero dell’idea.
Piazza Imbriani
Sono entrambi concordi, però, sul fatto che ad ispirare il trenocelle furono il Bacio Perugina – splendido cioccolatino di gianduia, granella di nocciola e una nocciola intera alla sommità con copertura di cioccolato fondente – e la cassata gelato o mezzo pezzo già presente per mano di un altro storico locale di Andria, il Caffè Losappio di Via Orsini.
In sintesi, il trenocelle sarebbe la magnifica trasposizione, in gelato da passeggio, del mezzo pezzo in un cestino di cialda con l’aggiunta delle nocciole e la copertura di cioccolato.
Miani, comunque, riferisce di un curioso dialogo che captò nella bottega del Di Molfetta e che potrebbe spiegare il perché delle tre nocciole. La scelta di mettere i tre frutti nel cuore del gelato di crema torrone, secondo Miani, sarebbe stata suggerita dai tre campanili che svettano nello skyline di Andria. Mi sarei aspettato la pronta ribattuta di Marinacci che questa volta, invece non si è opposto.
Avanzo io, invece, un’ipotesi ridanciana: sarebbero state le tre dita benedicenti di San Riccardo a ispirare il trenocelle.
Insieme al trenocelle, l’estro degli Andriesi concepì e realizzò, sempre in quegli anni, altri incredibili capolavori della gelateria, alcuni non più prodotti altri, invece, hanno sfidato i decenni per giungere fino a noi.
Mi riferisco al Moretto, cono gelato ricoperto di cioccolato precursore del Cornetto industriale, alla Fiamma, gelato allo zabaione sempre con copertura al cioccolato, al Siberiano ancora oggi presente nelle gelaterie nel tipico incartamento di carta stagnola.
Sono storie tutte da raccontare e che, forse, un giorno racconteremo.
Per conclude riporto quanto già pubblicato il 23 maggio 2016.
“Mi piace pensare che il trenocelle fu un’invenzione collettiva. L’intuizione di mutuare nel gelato il successo dell’ormai celebre cioccolatino umbro si deve sicuramente ad un gelataio-pasticciere e alla sua solida abilità tecnica di mettere insieme ingredienti e gusti ma il suo ‘divenire’ fino alla sua edizione definitiva fu frutto di aggiunte, rielaborazioni, personalizzazioni dell’intera genìa gelatiera dell’epoca.
Mi piace pensare ancora che il nome trenocelle sia stato dato dal popolo andriese che subito ne apprezzò la bontà decretandone il successo.
Nocelle (n’cidd), infatti, è il nome generico che gli Andriesi danno alla frutta secca in vendita la domenica mattina, allora come ora, sulle bancarelle in vari punti della città. Nel trenocelle vi sono invece tre nocciole che, per il loro pregio, difficilmente i gelatai avrebbero rinunciato a rimarcare. Ma queste sono considerazioni personali non suffragate da alcuna certezza documentale.
Gli ingredienti utilizzati sono tutti di primissima scelta con l’impiego delle principali materie prime reperite sul territorio, dal latte fresco alla panna, dalle uova alle mandorle. La lavorazione è quella del gelato cotto artigianale, tirato a mano da una Carpigiani raffreddata con salamoia.
La produzione del trenocelle tradizionale richiede attenzione e perizia. Il gelato di crema torrone, componente fondamentale della specialità, è preparato con l’impiego di mandorle pugliesi ‘lavorate’ con lo zucchero in polsonetti di rame per ottenere il caratteristico torroncino da sbriciolare e far cuocere nel latte con cannella, vaniglia, coriandolo, noce moscata e chiodi di garofano. Il dosaggio delle spezie è importante per conferire il giusto equilibrio al gelato.
La panna fresca montata a neve è meringata per favorire la perfetta combinazione dello zucchero con gli altri componenti. Le tre nocciole tostate sono della pregiata varietà IGP Piemonte mentre il pandispagna allo Strega o all’Alchermes aggiunge morbidezza e pienezza di gusto al gelato.
L’estate e il caldo impongono pause di refrigerio. É il momento ideale per un buon trenocelle”.