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Burrata & ”affini”: i danni provocati al settore caseario dall’Italian Sounding

  • 08/11/2022
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Di Luciana Doronzo

È risaputo che i prodotti caseari sono in cima alla classifica delle eccellenze dell’agroalimentare che più di altri subiscono l’effetto dell’Italian Sounding, ossia quell’uso distorto di parole così come di immagini, combinazioni cromatiche, riferimenti geografici, marchi, che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti che in realtà non sono affatto “Made in Italy”. Un fenomeno che colpisce pressoché esclusivamente il nostro Paese se si considera che non si sente affatto parlare di French Sounding o di German Sounding, giusto per alludere a due altri importanti Paesi europei. Di conseguenza il mercato internazionale registra produzioni di formaggi apparentemente legati al Bel Paese ormai in ogni angolo del pianeta. Il Parmigiano è sicuramente il più imitato, anzi, per essere precisi, il più “taroccato”, ma non è l’unico.  Un grande successo fa infatti registrare anche la Burrata, simbolo identitario di Andria e della Puglia, riconosciuta dal marchio europeo IGP (Indicazione Geografica Protetta) che certifica qualità e provenienza. Le ricette dei grandi chef internazionali ormai comprendono sempre più l’utilizzo del prezioso sacchetto di pasta filata contenente panna e stracciatella e di pari passo cresce l’interesse dei consumatori.

Già, ma di quali produzioni realmente si tratta? Perché la Burrata non è solo un alimento, ma si identifica con la storia, le tradizioni, le artigianalità della Murgia pugliese.  Sono, infatti, 5 mila ogni anno le tonnellate di burrata prodotta in Italia, di cui l’80% in Puglia; quantità, quest’ultima, il cui 10% è prodotto dal Consorzio Burrata IGP di Andria al quale aderiscono 14 aziende pugliesi certificate. Il marchio IGP già dal 2017 ha promosso, come auspicato, questa prelibatezza. Ma oltre a diffonderne l’alto valore ha involontariamente favorito un processo di imitazione difficile da controllare, a causa del quale oggi si vendono burrate con tante bandiere, europee e mondiali, associate falsamente alle produzioni pugliesi. La burrata, simbolo della tradizione casearia pugliese, la troviamo sugli scaffali di supermercati europei, come nel caso per esempio della Burrata Catalana, e su quelli statunitensi e coreani con frasi accattivanti e ricette scritte in italiano, con tanto di bandierina tricolore. L’uso improprio del nome è dunque rilevabile sia presso aziende del nord Italia sia presso aziende estere, le quali hanno fatto registrare impennate nei propri fatturati mentre molte imprese pugliesi, soprattutto in questo difficile momento economico, sono costrette a chiudere battenti assistendo impotenti al declino di uno dei settori vitali dell’economia regionale, quello lattiero-caseario, in preda ad una  grave crisi di settore dovuta alla crisi energetica che ha messo ancor più in evidenza sue vecchie problematiche.

 “Avere un disciplinare di produzione – dice Francesco Mennea direttore del Consorzio Burrata di Andria IGP –  significa attenersi a quelle che sono le regole previste dallo stesso in termini di materia prima, di modalità di produzione e di rispetto della tradizione del prodotto e soprattutto in termini di tracciabilità. A favorire il dilagante fenomeno del falso ha contribuito la diffusa meccanizzazione che ha ridimensionato la fase artigianale ancora viva presso i nostri caseifici dove, nonostante le tecnologie avanzate, l’attività dei mastri casari addetti al confezionamento rappresenta un valore irrinunciabile”.

“È sicuramente un danno di grave entità dal punto di vista economico e di immagine – dichiara a sua volta Leonardo Sanguedolce, imprenditore andriese del settore caseario. – La concorrenza sleale stravolge i nostri business plans, creando crescente preoccupazione per il futuro delle nostre aziende”.

Il fatturato dell’Italian Sounding è di 120 miliardi contro i 60 miliardi dei prodotti agroalimentari fatti in Italia e la categoria più contraffatta è quella dei formaggi, e la burrata è l’ultima tentazione dei palati internazionali ed è per questo che le industrie alimentari di tutto il mondo si stanno specializzando nella produzione meccanizzata di burrata dove all’interno si può trovare la ricotta al posto della panna e della sfilacciata o, addirittura, orecchiette, anche queste simbolo di una tradizione secolare pugliese. Un fenomeno che vede il Giappone come il primo paese con l’80% di prodotti Italian sounding, seguito dal Brasile con 70,5% e la Germania con il 67,9%.

La questione è più difficile da gestire su scala mondiale, ma qualche contrasto in più potrebbe essere attivato a livello europeo. Per questo motivo a Bruxelles sono in corso approfondimenti sul tema affinché almeno in Europa a uno Stato membro sia precluso l’utilizzo di un marchio registrato da un altro Stato membro come “Indicazione Geografica Protetta”.

Il Consorzio Burrata di Andria IGP, dal canto suo, è più che mai intenzionato ad agire in tutte le sedi, nazionali e internazionali, al fine di impedire che venga sottratta alla Puglia la “Sua” rinomata Eccellenza Gastronomica.

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