La Cantina sperimentale di Barletta e Centro ricerche Bonomo di Castel del Monte: due grandi occasioni perdute!
La Cantina sperimentale di Barletta come il Centro ricerche Bonomo di Castel del Monte, ad Andria. Storie parallele della ricerca perduta applicata in agricoltura nella sesta Provincia. Senza alcun lieto fine. Perché è vero, come ha detto mons. Filippo Salvo, vicario episcopale, l’altra sera nel suo intervento nella sala rossa del castello al convegno «La Cantina sperimentale di Barletta: storia e prospettive di riqualificazione»: qui siamo soliti troppo spesso farci la guerra per un ufficio, una sede, senza alzare oltre lo sguardo su una visione più generale. Ma siamo anche bravissimi a farci sottrarre quel che c’è in cambio di contropartite, eventuali, incerte e pure anacronistiche. Silenziosamente, con rassegnata indifferenza, quasi che il «mal comune» diventi un «mezzo gaudio» triste, beffardo e pure autolesionistico.
C’era una volta…C’era una volta, infatti, il Centro ricerche Bonomo, consorzio pubblico-privato di cui facevano parte l’Amministrazione provinciale di Bari e poi di Barletta, Andria, Trani; le Università di Bari e di Lecce; l’Associazione «Istituto biomedico internazionale» di Bari; la Famiglia Bonomo e la Comunità Montana Murgia Barese Nord Ovest con sede a Corato. L’atto costitutivo fu sottoscritto il 3 agosto 1979, il capitale sociale ammontava a 21mila 758 euro fino all’apertura della procedura di liquidazione guidata dal dott. Pasquale Tarantini.
La Provincia di Barletta, Andria, Trani, dopo il passaggio dalla Provincia di Bari, pensò bene (si fa per dire) di costituire la «Fondazione Bonomo per la ricerca in agricoltura» che ne prendesse il posto. L’atto costitutivo fu sottoscritto ad Andria il 6 giugno 2013 con capitale di 240mila euro interamente versato dalla Provincia di Barletta, Andria, Trani. Il Centro ha ballato così un altro paio di primavere: giusto il tempo di portare a compimento nel giugno 2015 quattro progetti finanziati dalla Regione Puglia e poi chi s’è visto. I diciassette dipendenti hanno lanciato vari appelli (ultimo quello del dicembre 2016), ma se ne sono perse le tracce.
Come il centro ricerche Storia simile (e pure più antica) per la Cantina sperimentale di Barletta. Venne istituita nel marzo del 1879, con Decreto Ministeriale, come Regia Cantina Sperimentale. Confluì come Sezione Operativa Periferica di Barletta, nell’Istituto Sperimentale per l’Enologia (con Decreto Legge n. 1318 del 23 novembre 1968). I notevoli progressi raggiunti in Puglia nella fabbricazione dei vini alla fine dell’Ottocento furono dovuti soprattutto all’azione della Cantina sperimentale. Così pure la riuscita del commercio con l’America, dove si mandavano vini che facevano notevole concorrenza a quelli francesi, spagnoli e portoghesi.
Nel 2007, l’inizio della fine: l’Unità di ricerca la Sezione Operativa Periferica di Barletta dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia cessa di esistere come struttura autonoma e viene annessa, quale Cantina sperimentale, all’Unità di ricerca per l’uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo di Turi. Di lì ai decreti di chiusura causa «spending review» (che strano e triste quel Paese che salva sprechi conclamati e assortiti e si accanisce sulla ricerca), firmati da Salvatore Parlato, commissario del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, il passo è stato «naturalmente» conseguente, visto anche il mancato turn over del personale e il progressivo essiccarsi dei lavori di ricerca assegnati.
il dibattito. Della questione si è parlato, per l’appunto, l’altra sera, a Barletta. Assenti a vario titolo il sindaco di Barletta, Pasquale Cascella (c’era in sua vece l’assessore alle attività produttive Giuseppe Gammarota); il sindaco di Andria, nonchè presidente della Provincia di Barletta, Andria, Trani, Nicola Giorgino; l’assessore regionale all’agricoltura Leonardo Di Gioia; la soprintendente per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bat e Foggia, Simonetta Bonomi; la soprintendente Archivistica per la Puglia, Maria Carolina Nardella.
Antonietta Magliocca, presidente della sezione di Barletta per la storia patria, promotrice dell’iniziativa insieme ad altre numerose associazioni barlettane, ha ricostruito e illustrato i termini della questione. A seguire gli interventi dei consiglieri regionali Filippo Caracciolo e Ruggiero Mennea, dell’assessore Gammarota, di Michele Dimonte, chimico, autore dello studio «La Cantina sperimentale di Barletta, 1879-1967», di Raffaele Lovino, ex direttore (fino al 2012, anno del pensionamento) della Cantina sperimentale, e di Manlio Cassandro, esperto in finanza agevolata, autore del progetto sul «Museo della civiltà del nero di Troia».
Quali prospettive «Stiamo celebrando il de profundis della Cantina sperimentale o c’è qualche possibilità di rinascita?», ha chiesto fra l’altro Rino Daloiso (Gazzetta del Mezzogiorno), moderatore dell’incontro. Il tenore delle risposte si potrebbe sintetizzare così: il morto, come dice un detto popolare, ormai è andato in chiesa. Quindi, proviamo a salvare il salvabile, salvaguardando la biblioteca della Cantina sperimentale (5mila volumi) e i dipinti di Vincenzo De Stefano, impudentemente trasferiti a Turi prima della chiusura della struttura barlettana (31 marzo 2016), poi restituiti ma ora conservati senza la necessaria custodia. Infine, proviamo ad accedere ai fondi europei dei Gruppi di azione locale per la riconversione (non si sa in quale edificio) della Cantina in Museo. Piccolo particolare: solo per mettersi d’accordo sulla vigilanza, Comune di Barletta, Consiglio per la ricerca in agricoltura, Soprintendenza per l’Archeologia di Bat e Soprintendenza Archivistica per la Puglia si scrivono da mesi, rimpallandosi l’onere logistico e finanziario. Ci sarebbe un’emergenza consolidata da tempo (e se, mentre si discute, venisse meno l’oggetto del contendere?), ma qui siamo al trionfo della «carte a posto». Per quelle, non c’è bisogno di alcuna «ricerca»: i protagonisti di questa vicenda sono imbattibili «numeri uno».